le mostre

Tutti pazzi per i Beatles.
Il concerto del 1965 a Milano nelle fotografie di Publifoto

GALLERIE D'ITALIA – MILANO, MUSEO DI INTESA SANPAOLO 24 GIUGNO – 7 SETTEMBRE 2025 MOSTRA A CURA DELL’ARCHIVIO STORICO INTESA SANPAOLO, RICERCA ICONOGRAFICA Serena Berno, Silvia Cerri, Barbara Costa

Sono oltre 500 le fotografie che l’agenzia fotogiornalistica Publifoto Milano produsse il 23 e 24 giugno 1965: due giornate a loro modo “storiche”, giacché la tournée italiana che portò i Beatles a suonare a Milano, Genova e Roma fra il 24 e il 28 giugno resta agli annali come la prima e unica occasione per ascoltare dal vivo i Fab Four in Italia.

Il 23 giugno i Beatles sbarcano a notte fonda alla Stazione Centrale di Milano provenienti da Lione, accolti da duemila fan in delirio. Tino Petrelli, uno dei più grandi fotografi dell’agenzia, scatta una fotografia di grande forza: i Beatles sono infatti tutti insieme su una Alfa Romeo Spider – l’organizzazione ne aveva predisposte ben cinque, ma la grande folla li costrinse a salire tutti su una sola automobile – circondati dall’affetto di una folla festante. Il giorno seguente si apre con il servizio fotografico sulla terrazza al sesto piano del Grand Hotel Duomo, con le guglie della cattedrale alle loro spalle, e la successiva conferenza stampa; poi i Beatles approdano al velodromo Vigorelli per i due concerti, quello pomeridiano previsto per le 16, quello serale, alle 21.

Publifoto mette in campo ben sette dei suoi fotografi per documentare l’evento: Sergio Borsotti, Sergio Cossu, Gianfranco Ferrario, Carlo Fumagalli, Benito Marino, Eugenio Pavone e il citato Tino Petrelli. Un investimento non indifferente. Del resto, i Beatles erano un fenomeno mondiale e, ragionevolmente, quotidiani e rotocalchi non avrebbero potuto ignorarlo.

E, infatti, a partire dal 24 giugno alcune delle fotografie cominciano a comparire sui quotidiani, Corriere della Sera, Corriere d’Informazione, Il Giorno, L’Unità … Accanto alle foto di George, John, Paul, e Ringo – le più famose sono quelle scattate sulla terrazza dell’hotel, oltre naturalmente a quelle sul palco – non mancano però le fotografie dei loro fan, a sottolineare un fenomeno di costume che, comunque, andava documentato.

“Ma chi erano mai questi Beatles”, cantavano gli Stadio: un effimero e stravagante “quartetto musico-vocale” (così sono definiti nello schedario dell’agenzia) o qualcosa di diverso? In Italia, giornalisti, scrittori, intellettuali e, più in generale, quasi tutti coloro che avevano compiuto trent’anni, li giudicarono in modo molto superficiale e malevolo, incapaci di comprenderne la portata rivoluzionaria. I giovani, invece, ebbero una percezione ben diversa e, in modo più o meno consapevole, anche in Italia come nel resto del mondo, accolsero il fenomeno Beatles e contribuirono alla creazione del loro mito.

Molte delle fotografie in mostra rivelano una storia che i giornali dell’epoca non erano stati in grado di cogliere: l’affermazione del “giovane” come soggetto a sé stante, in grado di rivendicare la libertà di vivere in un mondo diverso da quello dei suoi genitori, uomini e donne che avevano conosciuto la mancanza della libertà e la guerra. Queste ragazze e questi ragazzi erano nati sulle macerie dell’immediato dopoguerra e, anche per questo, erano portatori di valori, comportamenti, costumi molto diversi da quelli della generazione precedente: non più miniature dei loro genitori (in modo particolare le ragazze), ma un gruppo sociale sempre più definito, potente volano di consumi e potenziale motore dello sviluppo economico e sociale.

“Chiedilo a una ragazza di 15 anni di età / Chiedi chi erano i Beatles e lei ti risponderà / La ragazzina bellina col suo naso garbato / Gli occhiali e con la vocina / Ma chi erano mai questi Beatles lei ti risponderà”.