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Non solo "signorine". Donne in banca dalla Prima guerra mondiale agli anni Sessanta nelle carte dell'Archivio Storico
"No bank for women". Pensando alla situazione delle donne in banca tra le Prima guerra mondiale e gli anni Sessanta viene istintivamente da pensare al titolo di un celebre film diretto dai fratelli Coen nel 2007, No Country for Old Men - Non è un paese per vecchi, e di trasporlo nella realtà che stiamo presentando: La banca non è un luogo per le donne.
Tra la Prima Guerra mondiale e gli anni Sessanta la scarsa presenza femminile in organico è caratteristica comune a quasi tutti gli istituti bancari italiani.
Le donne che lavoravano in banca, denominate anche nei documenti ufficiali "le signorine", compaiono nei primi decenni del Novecento e aumentano considerevolmente durante le due guerre mondiali in sostituzione provvisoria del personale maschile richiamato alle armi. Si trattava di impieghi fuori ruolo, quindi precari per definizione: non erano maturi i tempi per accettare che una donna entrasse in pianta stabile al posto di un uomo.
Terminata la guerra, le donne rimaste in banca furono confinate a ruoli marginali o meramente esecutivi.
In concomitanza con l'introduzione di nuove tecnologie (la macchina da scrivere, le macchine contabili e poi elettroniche) e di una accentuata specializzazione del lavoro d'ufficio, vennero assunte essenzialmente come centraliniste, dattilografe e segretarie e addette ai terminali dei Centri elettronici, come si vede anche nel filmato della Cariplo Storia di un nome del 1960.
Le "signorine" lavoravano con regolare contratto generalmente fino alla data del matrimonio. Poi venivano licenziate. Nel 1929 questo articolo venne abrogato, ma dalla consultazione dei fascicoli matricola emerge che la consuetudine di licenziare le donne al momento di contrarre matrimonio (seppure non manchino le eccezioni a questa regola), mascherata da finte dimissioni, rimane fino alla promulgazione della legge del 9 gennaio 1963 sul "Divieto di licenziamento delle lavoratrici per causa di matrimonio".
Di norma, gli istituti stabilivano il licenziamento caso per caso, "con opera personale di persuasione", magari favorendo l'impiegata in sede di liquidazione o assumendo un familiare, naturalmente di sesso maschile, al fine di evitare interventi esterni di organizzazioni sindacali o di personalità pubbliche.
Molti sono i riferimenti presenti in archivio riguardanti la disciplina del lavoro e le norme di comportamento e di abbigliamento che il personale femminile doveva seguire. Una delle preoccupazioni degli amministratori (tutti, naturalmente, maschi) era che i colleghi uomini non fossero distratti dalle "Signorine", quando non addirittura ‘tentati' a comportarsi in modo moralmente discutibile.
Secondo i regolamenti le signorine dovevano indossare i grembiuli "di prescrizione" confezionati su misura, preferibilmente neri (in alcuni casi bianchi).
Seppure in un contesto culturalmente ostile, le donne riuscirono a ritagliarsi spazi via via più ampi. Bisognerà attendere però gli anni Settanta per una vera presa di coscienza della necessità di far sentire la propria voce e reclamare i propri diritti.