Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde
Credito Industriale di Venezia, dal 1956 Credito di Venezia e del Rio de la Plata [poi IBI], 1919 - 1978
Il Credito Industriale di Venezia fu costituito il 28 ottobre 1918, sotto forma di società anonima, da un gruppo di industriali guidato da Giuseppe Volpi, conte di Misurata (governatore della Tripolitania dal 1921 al 1925 e ministro delle finanze dal 1925 al 1927). Fra i membri del primo Consiglio di amministrazione, presieduto dallo stesso Volpi, figuravano importanti personalità della politica e dell'economia, fra cui Vittorio Cini, Achille Gaggia, Giancarlo Stucky ed Edgardo Morpurgo.
Lo sviluppo economico e industriale di Venezia dell'inizio del Novecento è strettamente legato all'attività svolta dal cosiddetto "gruppo veneziano", guidato da Giuseppe Volpi e supportato dalla Banca Commerciale Italiana attraverso la mediazione di Giuseppe Toeplitz, direttore della sede veneziana dal 1900 al 1904. La Comit, infatti, sostenne una serie di investimenti, soprattutto nel campo elettrico, attraverso la creazione della Cellina (1900) e della Società Adriatica di Elettricità (SADE, 1905), destinata a diventare in poco tempo un vero e proprio colosso finanziario.
La nuova imprenditoria veneziana, sempre coadiuvata dalla Commerciale Italiana, intuì inoltre l'importanza dell'espansione commerciale non più solo in ambito nazionale, ma anche europeo e successivamente americano.
Per lo sviluppo di queste attività, però, sarebbe stato necessario dotare la città di un nuovo porto commerciale (in località Bottenighi o, da un vecchio forte veneziano, Marghera) e fare di Venezia la porta industriale per l'Europa orientale. Il 1° febbraio 1917 Giuseppe Volpi costituì perciò un Sindacato di studi per imprese elettro-metallurgiche e navali nel porto di Venezia, trasformato poi nell'anonima Società Porto Industriale di Venezia, costituita dalle persone e dai gruppi di cui Volpi era ormai il capofila.
Poco tempo dopo, attraverso la Società Italiana Costruzione, Volpi concluse col Comune un accordo per la costruzione di un primo lotto abitativo a Marghera, assicurandosi il totale controllo della realizzazione del porto.
A questo punto, per sostenere le ambizioni del gruppo veneziano, la Comit da sola non bastava più. Oltretutto, con la fine della grande guerra, la rete bancaria regionale non era in grado di far fronte alle ingenti necessità della ricostruzione di una zona direttamente coinvolta nel conflitto.
Per tutti questi motivi si decise di costituire il Credito Industriale di Venezia.
L'attività dell'istituto bancario fu quasi esclusivamente rivolta al finanziamento e al potenziamento del porto industriale di Marghera.
I rapporti tra la Commerciale Italiana e Volpi, tuttavia, non si esaurirono con la creazione del nuovo istituto: nel 1920 il Credito Industriale partecipò con dieci milioni di lire alla costituzione del Consorzio che salvò la Comit dalla seconda scalata dei Perrone, tra l'altro soci in affari dello stesso Volpi; nel 1928 si costituì l'Italian Superpower Corporation, nata per iniziativa di Toeplitz e Volpi come società finanziaria a capitale misto per coordinare l'emissione, sul mercato statunitense, di titoli obbligazionari rappresentativi di azioni delle società elettriche; negli anni successivi nacquero, tra le altre, la Compagnie Italo-Belge pour Entreprises d'Electricité et d'Utilité Publique e la European Electric Corporation Ltd, di cui il Credito Industriale possedeva un cospicuo pacchetto azionario.
L'Assemblea straordinaria del Credito Industriale di Venezia, svoltasi il 14 luglio 1956, deliberò l'acquisizione delle sedi italiane - Genova, Milano, Napoli e Roma - del Banco de Italia y Rio de la Plata (costituito a Buenos Aires nel 1872), e la modifica della ragione sociale in Credito di Venezia e del Rio de la Plata. Il capitale sociale passò da 500 milioni ad un miliardo di lire e la sede legale fu trasferita da Venezia a Milano.
Il 29 settembre dello stesso anno fu nominato il nuovo Consiglio di amministrazione, alla cui presidenza fu chiamato Alberto D'Agostino, già amministratore delegato Comit.
Nel 1959 venne deliberato un aumento di capitale, che passò da un miliardo a un miliardo e mezzo, mediante l'emissione di 250.000 azioni nominali da 2.000 lire ciascuna, e che venne ulteriormente aumentato a tre miliardi di lire, con l'emissione di altre 750.000 azioni dello stesso valore, durante l'Assemblea straordinaria del 9 marzo 1960.
Nello stesso anno fu nominato nuovo presidente del Consiglio di amministrazione Giovanni Balella, già presidente di Confindustria (come successore di Giuseppe Volpi nel 1943) e tra i membri del Gran Consiglio del Fascismo che il 24 luglio 1943 votarono l'ordine del giorno Grandi contro Mussolini.
Negli anni '60 Carlo Pesenti, proprietario del gruppo Italmobiliare e già azionista di altri istituti di credito, tentò di acquisire il controllo delle banche del senatore Teresio Guglielmone, che nel corso degli anni avevano accumulato debiti per oltre due terzi dei depositi.
Favorevole all'intervento di Pesenti fu l'allora governatore della Banca d'Italia Guido Carli che, preoccupato di un crack finanziario con prevedibili conseguenze anche sul piano politico, favorì il versamento, da parte dell'industriale, di venti miliardi di lire per coprire i debiti accumulati dagli istituti e, nel 1967, concesse l'autorizzazione a fondere le banche di Guglielmone (Banca di Credito e Risparmio, Banca Torinese Balbis & Guglielmone, Credito Mobiliare Fiorentino, Banca di Credito Genovese) con l'Istituto Bancario Romano, la Banca Naef Ferrazzi Longhi & C., la Banca Romana e il Credito di Venezia e del Rio de la Plata, di cui Pesenti era già presidente del Consiglio di amministrazione. Nacque così l'Istituto Bancario Italiano.
ORI,Angelo S., I Faraoni di Milano, Bologna, Settedidanari, 1970, pp. 24-26.