Archivio T. Gallarati Scotti
Archivio personale - Biblioteca Ambrosiana, 1878 - 1966
Frequenta gli studi medi a Milano presso l'istituto Boselli e il liceo classico Alessandro Manzoni. Il 10 luglio 1901 si laurea in giurisprudenza a Genova, dove entra in amicizia con il barnabita Giovanni Semeria, che lo avvia alla lettura e alla conoscenza diretta di alcuni tra i personaggi più importanti della cultura cattolica (tra cui in particolare Friedrich von Hügel), promotori di un rinnovamento degli studi biblici, della teologia e della storia ecclesiastica secondo il moderno metodo critico.
Fin dal 1901 viene inquadrato come un esponente del "movimento liberale religioso" in Italia, accanto a Bonomelli, Murri, Semeria, Fogazzaro.
Dopo il 1904, ovvero dopo la svolta clerico-moderata seguita all'elezione di Pio X, Gallarati prende risolutamente posizione in favore dell'autonomia politica dei cattolici, avvicinandosi alle posizioni della Lega Democratica Nazionale nata dal Movimento Democratico Cristiano murriano.
Nel 1915 aderisce alle posizioni dell'interventismo democratico in accordo con quei cattolici interventisti che avvertivano nella partecipazione italiana alla guerra l'occasione di una conciliazione tra coscienza religiosa, unità nazionale e senso dello Stato.
Il 9 maggio 1915 viene arruolato come Sottotenente di fanteria nel 5° Reggimento Alpini, ma su richiesta del generale Porro, amico di casa Fogazzaro, è chiamato al comando del V Corpo d'Armata come ufficiale ricognitore, partecipando ad azioni di guerra sull'altipiano di Folgaria. Durante l'offensiva austriaca del maggio 1916 partecipa alla difesa del Pasubio, ottenendo una promozione a Tenente per meriti di guerra.
Passato al XXII Corpo d'Armata come ufficiale di collegamento, esprime giudizi molto severi sull'inutile sacrificio di vite umane. Dal novembre di quell'anno è addetto al comando supremo come ufficiale di ordinanza di Luigi Cadorna, potendo così frequentare personaggi come D'Annunzio, Ugo Ojetti, Semeria; inoltre svolge l'importante compito di mediazione tra Bissolati e Cadorna, a cui è vicino anche per l'amicizia con la figlia Carla, già simpatizzante del movimento modernista.
Nel giugno 1918 vuole tornare al V Reggimento Alpini, destinato al Battaglione Sciatori Monte Ortles, dove conosce Cesare Angelini, letterato pavese studioso di Renato Serra e Manzoni, con il quale mantiene un importante legame fino alla morte.
Finita la guerra, unisce un'intensa attività letteraria alla battaglia civile per la libertà e la democrazia.
Da subito la sua posizione è antifascista e antinazionalista; non pensa mai che il fascismo possa essere incanalato nella legalità costituzionale e nella tradizione liberale dello Stato, rifiuta le offerte di collaborazione che gli vengono offerte da Giovanni Gentile, collabora invece con Giovanni Amendola e con il gruppo de «Il Caffè» (1924-1925).
Dal settembre 1922 trasferisce presso la sua dimora la sede della rivista mensile «Il Convegno», rivista di cultura varia, arti e illustrazioni, un periodico politico che diventa centro di libere opinioni, al quale collaborano i più bei nomi della letteratura italiana. Il foglio è costretto a chiudere nel 1929.
Nel 1925 è tra i firmatari del manifesto degli intellettuali antifascisti.
Presidente del Circolo Filologico di Milano, lo rende un centro di cultura e di resistenza al fascismo, fino alla sua estromissione nel 1926; viene privato del passaporto e iscritto al casellario politico centrale come sovversivo e oppositore e sottoposto a stretta sorveglianza.
La sua casa di via Manzoni 30 è punto di ritrovo per la resistenza polacca e per gli antifascisti, soprattutto dopo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale.
E' autore di un appello al re perché destituisca Mussolini; dopo il 25 luglio 1943 ospita nel suo palazzo le prime riunioni del futuro CLN, al quale partecipa come esponente del Partito Liberale Italiano (dal quale si dimetterà nel 1960 per dissensi con la linea seguita da Giovanni Malagodi).
Dopo l'8 settembre 1943 è costretto a rifugiarsi in Svizzera, dove anima la Resistenza tenendo contatti con altri rifugiati (Luigi Einaudi, Bortolo Belotti, Stefano Jacini, Cipriano Facchinetti, Giovanni Battista Boeri) e con i rappresentanti degli Alleati, ai quali suggerisce il nome di Raffaele Cadorna come capo militare della Resistenza.
Fin dall'estate 1944 (quando è in Svizzera) viene nominato Ambasciatore italiano in Spagna (su suggerimento di Visconti Venosta, sottosegretario del ministro Bonomi), anche se potrà recarvisi fisicamente solo all'inizio del febbraio 1945, attraverso un fortunoso viaggio in aereo organizzato dagli Alleati.
La missione non è facile, perché Franco prende le distanze dall'Asse ma mantiene il suo regime autoritario. Gallarati può però contare sull'ottima accoglienza ricevuta dalla stampa per i suoi legami familiari con la Spagna. Riesce così a sviluppare un'abile azione diplomatica.
Per il referendum del 2 giugno 1946, torna in Italia mettendosi lealmente a servizio della repubblica nonostante i suoi sentimenti monarchici e l'amicizia con Maria José; subito dopo rientra in Spagna, ma la sua missione termina con la risoluzione ONU del 9 dicembre 1946 che invita a ritirare i propri rappresentanti da Madrid. Infatti, anche se l'Italia non fa parte dell'ONU, il ministro degli Esteri Pietro Nenni richiama l'Ambasciatore.
Il 15 ottobre 1947 Carlo Sforza, Ministro degli Esteri del Governo De Gasperi, nomina Gallarati Scotti Ambasciatore a Londra. Qui occorre mitigare il risentimento degli inglesi irritati dalla guerra, proseguendo l'azione del predecessore incaricato Nicolò Carandini (al quale però non era stato dato il rango di Ambasciatore). L'obiettivo è quello di ottenere la revisione dei termini del trattato di pace del febbraio 1947. Gallarati sollecita una visita di De Gasperi a Londra, ma il 20 ottobre 1951 presenta le sue dimissioni, dal momento che non viene approvato il suo progetto di lasciare all'Italia Trieste e la zona A (soggetta all'amministrazione anglo-americana) del Territorio libero costituito dal trattato di Pace e di chiudere presto gli accordi con la Jugoslavia, mentre De Gasperi punta ad avere la restituzione di tutto il territorio libero, pressato dall'opinione pubblica e dai comunisti italiani che in odio a Tito sono improvvisamente favorevoli a richiedere anch'essi il ritorno all'Italia del Territorio libero di Trieste.
Dando alla sua missione a Londra una forte impronta culturale basata sui rapporti italo-inglesi del Risorgimento, contribuisce fortemente al ristabilimento dell'amicizia italo-inglese. Gallarati rimane a Londra fino al 19 dicembre, ricevendo pubblici riconoscimenti alla sua missione.
Tornato in Italia ricopre incarichi di responsabilità nella vita economica e finanziaria, tra cui la presidenza dell'Ente Fiera (1954-1958) e quella del Banco Ambrosiano (1954-1965).
Nel 1953 inizia una collaborazione sistematica alla terza pagina del «Corriere della Sera» e pur essendo in età avanzata continua a svolgere un'attività letteraria molto intensa.
Il suo ultimo impegno pubblico è la commemorazione del settimo centenario della nascita di Dante, tenuta al teatro alla Scala il 18 novembre 1965.
Manca una bibliografia completa dei suoi scritti, pur essendo uno scrittore fecondo, originale ed efficace nel genere biografico e nella memorialistica.
Narrativa: Storia dell'amor sacro e dell'amor profano (Milano, 1912); Miraluna (Milano, 1927); Storie di noi mortali (Milano, 1932); Un passo nella notte (Milano, 1942, che nel novembre cambia titolo in La confessione di Flavio Dossi); Interpretazioni e memorie (Milano ,1960), Nuove interpretazioni e memorie (Milano, 1972).
Poesia: Poesie (Milano 1936).
Saggistica: L'idealismo politico e religioso di Giuseppe Mazzini (Milano, 1900), Adamo Mickiewicz (Milano, 1915); Vita di Antonio Fogazzaro (Milano, 1920 1°ed., 1934 2°ed., 1963 3° ed.); Vita di Dante (Milano, 1921); Le più belle pagine di Santa Caterina da Siena (prefazione, Milano, 1922); La giovinezza del Manzoni (Milano, postuma, 1969).
Teatro: Così sia (Milano, 1922); Due drammi e la Duse (Milano, 1963, contiene La moglie di Pilato).
La Vita di A. Fogazzaro (pubblicata nel 1920, ma già pronta nel 1914) è il capolavoro storico-letterario: designato dallo stesso Fogazzaro suo biografo ufficiale, Gallarati può consultare molto materiale inedito. Il volume (20.000 copie vendute nel primo anno di pubblicazione) viene posto all'Indice nel 1921, in quanto in esso Gallarati avrebbe ripreso le tesi moderniste. Tutto ciò attiva un acceso dibattito sulle riviste culturali.
Riveduta dal domenicano Felice Cordovani, la pubblicazione viene riedita nel 1934 e nel 1963. La Vita di Dante (1920) è tra le più brillanti e vivaci biografie del poeta.
La giovinezza del Manzoni (pubblicata postuma nel 1969) costituisce, anche se incompiuta, la terza biografia di Gallarati e rappresenta una biografia "interiore" (le esperienze religiose e le crisi del Manzoni).
Il Fondo è conservato presso la Biblioteca Ambrosiana per volere di Tommaso Gallarati Scotti. Venne depositato dal figlio Gian Carlo nel 1967, con una struttura già definita e curata da Nicola Raponi in collaborazione con lo stesso Duca, che per tutta la vita ebbe la precisa intenzione di conservare le carte. La documentazione qui conservata è di carattere pubblico, mentre quella più privata, come ad esempio le lettere familiari e gli attestati, sono conservati presso l'Archivio Privato di Via Manzoni 30 a Milano.
La cartella 1 della serie I, quindi, non conserva tutti gli originali: molte delle camicie sono vuote, ma il titolo di per sé dà le informazioni che servono per descrivere le sue res gestae, ricalcando così lo schema classico degli archivi gentilizi.